tradimenti virtuali

          Tradimenti “virtuali” e addebito della separazione 

Avv. Pietramala Tiziana

 Può uno scambio di corrispondenza “romantica” in chat, essere considerato un tradimento e determinare l’addebito della separazione per violazione del dovere di fedeltà?

Si dibatte molto sulla possibilità di configurare come adulterio l’incontro on line tra persone che nella vita reale sono coinvolte in un rapporto di coppia. Molti vivono tale esperienza come un gioco, uno svago, un puro desiderio di raccontarsi. In realtà non si tratta solo di una «moda», ma di un fenomeno in cui spesso entrano in gioco componenti psicologiche come la tristezza, la solitudine o la scarsa comprensione con il partner. Purtroppo nella vita reale la vicinanza fisica non significa sempre dialogo e comprensione. Qui si insinua il pericolo dell’altro on line. La chat diventa una sorta di universo parallelo in cui si esprimono liberamente pensieri, sensazioni profonde ed emozioni senza l’impaccio di una corporeità limitante ed ingombrante. L’incontro virtuale può quindi rivelarsi ben più pericoloso e insidioso di un incontro reale, perché l’unione non è fisica, ma basata su scambi profondi di sensazioni, emozioni, intimità. Aspetti di coppia che forse con il partner si sono persi o, per assurdo, non si sono mai raggiunti. Così accade spesso che si cominci a “tradire” chattando. Prima lasciandosi andare a confidenze, poi pian piano cadendo nella rete del fascino di un altro/altra che ascolta. Amore, passione, o solo bisogno di evadere dalla noia della quotidianità? Certo è che questo modo diverso di incontrarsi può cambiare notevolmente la vita delle persone che ne sono coinvolte e dei partner, sia che lo si consideri come un tradimento platonico sia che gli si dia valenza reale. Ma può parlarsi di vero e proprio tradimento? Secondo la più antica e tradizionale concezione – seguita da alcuni autori ancora oggi – il dovere di fedeltà deve intendersi come l’obbligo reciproco dei coniugi di astenersi dall’intrattenere relazioni e/o rapporti sessuali con terzi (C. Cost. 18 aprile 1974, n. 99). La dottrina più recente, invece, ritiene che la violazione del dovere in esame si configuri anche nelle ipotesi di infedeltà sentimentale e addirittura di quella apparente. In questo processo di evoluzione si inserisce la sentenza, estremamente rilevante, della Suprema Corte n. 9287 del 1997, la quale afferma che “…il dovere di fedeltà (…) consiste nell’impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire la fiducia reciproca ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, che (..) non deve essere intesa soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali. La nozione di fedeltà va avvicinata a quella di lealtà, la quale impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro la fedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di saper sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda”. Nel contesto odierno, pertanto, la fedeltà viene intesa nel significato più ampio di lealtà e dedizione vicendevole: consiste nell’impegno dei coniugi di non tradire la fiducia reciproca, ovvero nel non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale. La fedeltà reciproca perde la connotazione dell’ esclusiva dedizione di carattere sessuale e non si riduce ad essa, estendendosi fino a comprendere la tutela e il rispetto della sensibilità e della dignità della persona dell’altro coniuge. Ne consegue che tale dovere risulta essere incompatibile anche con quei comportamenti che ingenerano o possono ingenerare la convinzione – sia nel partner che nell’ambiente sociale in cui si vive – dell’avvenuta violazione della fedeltà. Sulla scorta di tale più ampia nozione di fedeltà si è affermato l’orientamento secondo cui sussistono i presupposti della separazione con addebito a carico del coniuge il quale, pur senza porre in essere un adulterio reale, intrattenga con un estraneo una relazione platonica, che, in considerazione degli aspetti esteriori con cui il sentimento è coltivato e dell’ambiente ristretto in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibile sospetto di infedeltà, comportando offesa alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge (Cass. Pen. 2 febbraio 1972, secondo la quale la fedeltà si estrinseca nel dovere di astensione non soltanto da rapporti sessuali con terzi, ma anche da relazioni puramente sentimentali; Trib. S. Maria Capua Vetere 9 dicembre 1997; Cass. 14 aprile 1994, n. 3511; Corte App. Perugia, 28 settembre 1994) . Analogamente, la sentenza della Corte di Cassazione n. 9742/1999 ha statuito che, nei casi in cui si deve stabilire a chi addebitare la separazione, l’adulterio apparente va considerato alla stregua di un autentico tradimento. Per i giudici è punibile anche l’amore platonico, la semplice infatuazione per una persona che non sia il marito (o la moglie). Dunque, il coniuge che avvia una relazione fatta anche solo di bigliettini, telefonate o e-mail si rende responsabile dell’evento separazione quando il giudice accerti che a tale violazione sia riconducibile, in concreto, la crisi dell’unione familiare, ossia verifichi l’effettiva incidenza di detta violazione nel determinarsi della situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale. E’ allora internet il nuovo nemico del matrimonio? Secondo uno studio americano, le coppie separatesi a causa degli incontri in rete avevano gravi problemi che sarebbero ugualmente emersi determinando la crisi dell’unione. In ogni caso il fenomeno è in tale aumento che il navigare in rete troppo a lungo comincia ad essere inserito tra le nuove cause di separazione e di divorzio. “Filodiritto”

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